Non è l'assenza che provoca dolore

 


Carlo Rovelli ricorda i suoi (troppo pochi) incontri con il fisico statunitense John Wheeler.

«Mi parlava con la voce tenue di un anziano, io perdevo molte delle cose che diceva e non osavo chiedergli troppo di ripetere. Ora non c'è più. Non posso più fargli domande, non posso più raccontargli quello che penso. Non posso più dirgli che le sue idee hanno guidato tutta una mia vita di ricerca. Non posso più dirgli che penso che lui sia stato il primo ad avvicinarsi al cuore del mistero del tempo in gravità quantistica. Perché lui, qui e ora, non c'è più. 

Questo è il tempo per noi.

Il ricordo e la nostalgia. Il dolore dell'assenza. Ma non è l'assenza che provoca dolore. Sono l'affetto e l'amore. Se non ci fosse amore, non ci sarebbe il dolore dell'assenza. Per questo anche il dolore dell'assenza, in fondo, è buono e bello, perché si nutre di quello che dà senso alla vita».

Rovelli Carlo, L'ordine del tempo, Milano, Adelphi, 2017, p 75-76.





 

Tutti i figli di Adamo formano un solo corpo,

sono della stessa essenza.


Quando il tempo affligge con il dolore una parte del corpo,

le altre parti soffrono.


Se tu non senti la pena degli altri

non meriti di essere chiamato uomo.


Sa'di di Shiraz

- poeta persiano reso schiavo dai crociati ad Acri

Peso - Giuseppe Ungaretti

Peso

Quel contadino soldato
si affida alla medaglia
di Sant’Antonio
che porta al collo
e va leggero.
Ma ben sola e ben nuda
senza miraggio
porto la mia anima.

Giuseppe Ungaretti

1916


Lettera sull'entusiasmo

Passaggi scelti dalla Lettera sull'entusiasmo di Anthony Ashley Cooper III conte di Shaftesbury, filosofo politico e scrittore inglese.

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Leggiamo nella storia che Pan, mentre accompagnava Bacco in una spedizione nelle Indie, trovò il modo di suscitare il terrore tra un'armata di nemici con l'aiuto di una piccola brigata, sfruttando le grida di quest'ultima che si propagavano, in virtù dell'eco, fra le rocce e le caverne di una valle boscosa. Il roco rimbombo delle caverne, unito allo spaventoso aspetto di quei luoghi così oscuri e deserti, suscitò un tale orrore nei nemici che, in quella condizione, l'immaginazione li portò a sentire delle voci e senza dubbio anche a vedere forme sovrumane. L'indeterminatezza di ciò che li spaventava poi rese ancor più grande la paura, che attraverso i loro sguardi muti si diffuse più velocemente di quanto avrebbe mai fatto in virtù di un semplice racconto. E questo fu ciò che in seguito gli uomini chiamarono «panico».

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«Se ascolto dimentico, se vedo ricordo, se faccio capisco»
Confucio

Manuale di pittura e calligrafia

Passaggi scelti, tratti da Manuale di pittura e calligrafia, che lo stesso autore José Saramago descrive così:
«Il Manuale di pittura e calligrafia è probabilmente un libro di apprendistato; ma è anche il mio libro più autobiografico... l'ho scritto nel 1976, e vi ho riportato esattamente le settimane precedenti la Rivoluzione dell'aprile del 1974». José Saramago - Einaudi 2003

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So perfettamente chi sono, un artista di bassa lega che conosce il proprio mestiere ma che difetta di genialità, nonché di talento, che non possiede altro se non un'abilità coltivata e che percorre sempre gli stessi solchi, o si arresta presso le stesse porte, una mula attaccata a un carro che compie sempre lo stesso giro a cui ha fatto l'abitudine. Ma prima, quando mi accostavo alla finestra, amavo guardare il cielo e il fiume, come li avrebbe amati un Giotto, o un Rembrandt, o un Cézanne. Non erano molto importanti per me, le differenze: quando una nuvola passava lentamente, non c'era alcuna differenza, e quando, poi, tendevo il pennello verso la tela incompiuta, tutto poteva accadere, persino di scoprire un genio che appartenesse a me soltanto. La mia pace era garantita, quant'altro fosse sopraggiunto poteva essere un po' di pace in più o, chissà, il turbamento del capolavoro. Non questa specie di rancore sopito ma determinato, non questo scavo all'interno della statua, non questo dente acuto e ostinato simile a quello di un cane che morde il laccio mentre si guarda intorno ansioso, per paura che torni chi l'ha legato.
(p. 18)

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Chi fa un ritratto, dipinge se stesso. L'importante, perciò, non è il modello, ma il pittore, e il ritratto varrà solo quanto varrà il pittore, non un atomo di più. Il dottor Gachet che Van Gogh ha dipinto è Van Gogh, non Gachet, e i mille orpelli (velluti, piume, colletti d'oro) con cui Rembrandt si è ritratto, sono meri espedienti per far credere che dipingesse qualcun altro, dipingendo una diversa apparenza. Ho già detto che non mi piace la mia pittura: perché non mi piaccio io e sono costretto a riconoscermi in ogni ritratto che dipingo, inutile, stanco, arrendevole, smarrito, perché non sono Rembrandt, né Van Gogh. Ovviamente.
(p. 76)

Ritratto del dottor Gachet - Vincent Van Gogh
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Un pesce fossile - Ai Quing

Come era vivace il tuo moto
la tua fresca furia
guizzante nelle onde,
ti immergevi e risalivi le ampie distese marine.
Un'eruzione vulcanica,
o forse un terremoto fatale
ti privò della libertà,
ti seppellì nella cenere.
Dopo centinaia di migliaia d'anni una squadra
di geologi
ti ha scoperto tra strati di rocce
intatto, come vivo.
Però tu sei muto,
non hai neanche sospiri.
Le squame e le pinne ci sono tutte
ma non puoi muoverti.
Sei immobile,
indifferente al mondo esterno.
Non vedi il cielo né l'acqua,
non senti il rumore dell'onda.
Guardando questo pezzo di fossile
anche uno sciocco capirà,
senza moto
non c'è vita.
Finché si è vivi bisogna lottare
e progredire nella lotta.
Non risparmiamo l'energia,
fino al sopraggiungere della morte.

Ai Quing, 1978