Il paese che verrà - Felicita

Felicita strinse gli occhi e aspettò il boato. Con le mani premute sulle orecchie si sentiva al sicuro. I muri tremarono e la polvere le entrò in gola. Contava sottovoce. La volta prima era arrivata fino a duecentouno e poi avevano aperto il portone. Ottantuno, ottantadue, ottant… “Avanti!”. E a lei scappava da ridere. Alla nonna mezza sorda di Lisetta le bombe sembravano sempre qualcuno alla porta. Centosei, centosette. Silenzio. Un uomo sbirciava fuori. Centotrenta, centotrentuno. Aprirono e piano piano uscirono da lì come piselli sgranati uno a uno. In piazza la torre era tutta bucherellata e i bambini non c’erano più. “Quand’è che finisce?” si lagnò. La mamma le spolverò il vestito “Presto. Ci sarà un paese bellissimo e i bambini potranno giocare sempre”. E allora Felicita riprendeva a contare, magari così, quel benedetto paese arrivava prima.

Cinzia Filippi