LO SGUARDO VAGABONDO - GIAMPAOLO NUVOLATI

LO SGUARDO VAGABONDO
il flâneur e la città da Baudelaire ai postmoderni


Esordio.
descrizione generale del libro

Il flâneur è una personaggio curioso, interessato da ciò che avviene attorno a lui. Osserva la folla ed i suoi comportamenti, intento a carpire i rapporti di causa effetto che in essi si evidenziano.
Nasce nell'epoca moderna, Baudelaire nei boulevard parigini è un esempio lampante, ma nella surmodernità non è più legato ad una singola metropoli, bensì tende ad essere un viaggiatore.

Esso però è diametralmente opposto al turista di massa, che tra l'altro osserva e snobba. Il flâneur ha i connotati dell'esploratore ed evita appositamente i percorsi preconfezionati dei viaggi organizzati.

Oggi è possibile anche delineare la figura del cyberflâneur, colui che naviga su internet e quindi fisicamente non si sposta.

Solitudine.
Il flâneur parte da una condizione di solitudine, per poter essere esploratore della realtà circostante.
La sua posizione è una tensione in equilibrio tra la necessità di essere all'esterno per osservare il quadro d'insieme e l'essere coinvolto per poter fare esperienza autentica. Da una parte distacco, dall'altra coinvolgimento. Il coinvolgimento e la contaminazione sono però strumentalizzati alla conoscenza.
In questa fase ci sono anche rischi che il flâneur decide di correre, un esempio è la sperimentazione delle droghe da parte di W. Benjamin che con il suo comportamento mostra una fusione tra la volontà di analisi scientifica della realtà e la disponibilità dell'intellettuale stesso a mettersi alla prova.

Se però il flâneur è contaminato dalla realtà nella quale si è immerso, la completa realizzazione del suo procedere si compie solo quand'egli è in grado di rielaborare le sue esperienze vissute attraverso fotografie oppure scritti, o altro materiale. (contaminazione strumentalizzata all'apprendimento, successivo distacco quando l'apprendimento è venuto) - Vive nella folla, ma si percepisce fuori di essa, o almeno sulla soglia.

Per Jonathan Franzen, nella sua raccolta del 2011 Come stare soli, la solitudine - dello scrittore ma anche del lettore - è una condizione dolorosa ma necessaria per recuperare la propria individualità, spesso offuscata, disturbata, nascosta dal rumore di fondo della cultura di massa.

Anche Paul Auster - flâneur per eccellenza - attraverso il saggio L'invenzione della solitudine, mostra lo stare soli come una condizione di sofferenza ma anche propizia per il mestiere della scrittura.

Il flâneur nella solitudine compie una lettura critica della quotidianità, compie un opera di de-costruzione/ricostruzione della realtà e per fare ciò avverte la necessità di essere libero, condizione che conquista attraverso la solitudine e l'indipendenza. Non a caso spesso gli amori sono di tipo mercenario (rimando a Baudelaire che andava a prostitute).


Ozio.
L'ozio per il flâneur è necessario in quanto solo il rallentamento dei tempi gli consente un'osservazione più profonda e una relazione più acuta. Esso però da solo non è sufficiente.
Ancora una volta la figura del flâneur richiama due poli opposti: ozio ma anche concentrazione.
Spensieratezza nel vagabondare ma ansia nella ricerca.
Per il flâneur l'ozio è l'arte dell'attesa. Potremmo anche dire la pazienza dell'attesa. A differenza del turista che ha un tempo limitato e deve fare uso efficiente delle sue ore a disposizione per poter trarre il massimo profitto dal suo viaggio, il flâneur senza questi vincoli temporali può calarsi nella realtà del luogo, viverla secondo quelli che sono i suoi tempi naturali e capirla in profondità.

Tempo e Spazio.
La società tardo-moderna è in continuo movimento - liquida direbbe Bauman - ed il modo in cui le località urbane (gli spazi) vengono abitate dalla popolazione cambia nel tempo. A seconda che residenti o non residenti siano presenti in una determinata area, riusciamo ad identificare quartieri di uffici, quartieri dormitorio, quartieri fantasma, ghetti e così via. I mezzi di rilevazione statistica come il censimento non sono più adeguati per l'osservazione della realtà poiché essi sono statici mentre la tardo-modernità è dinamica. Per superare questi limiti si cercano nuovi modi per studiare i comportamenti di mobilità. Daniel Quinn, protagonista ne La città di vetro di Paul Auster, arriverà a disegnare su una mappa i percorsi di Stillman, un individuo che sta pedinando. Questo genere di comportamento non può che farci pensare al flâneur, che per osservare la realtà urbana nei suoi intrecci, deve essere padrone del suo tempo ma insieme inseguirlo, adeguarsi ai cambiamenti dei flussi della popolazione, a volte sincopati, altre volte ciclici, altre ancora imprevedibili.

Metamorfosi Urbane.
Se la società moderna si basava sul primato della scienza, della razionalità e nella fiducia in un progresso lineare, quella postmoderna ha la certezza dell'incertezza.

Le città oggi cambiano rapidamente ed il flâneur è sicuramente una figura adatta a cogliere questi cambiamenti. I flussi migratori, da regolari e facilmente individuabili nel primo dopoguerra, sono sensibilmente incrementati negli ultimi anni, sia per quantità che per varietà delle destinazioni. Una conseguenza è la metamorfosi dei quartieri delle città: quartieri industriali che si trasformano in quartieri universitari, cittadini che utilizzano le città in modalità di massa, per lavoro, turismo giornaliero, ecc.

Il flâneur con il suo vagabondare per capannoni in disuso che possono ricordare un quadro di Sironi, è un'anima in prima linea per capire come la città si sta trasformando. Marc Augé ha descritto ampiamente queste metamorfosi a proposito di Parigi, dove la riqualificazione dei quartieri fa sì che essi si somiglino sempre più fra di loro. Un'altra caratteristica di queste trasformazioni è il senso di transitorietà e di instabilità che ne traspare. L'aumento di persone che fruiscono di servizi quali il noleggio di merci, l'aumento di contratti di lavoro a tempo determinato sono tutti indizi che mostrano la realtà di città che cambiano continuamente. È il punto privilegiato di osservazione del flâneur che lo farà passare da semplice fondale delle attività umane a persona preziosamente informata sui cambiamenti alla quale chiedere delucidazioni.

Da Fondale a Protagonista.
La città non è solo il luogo dove avvengono gli intrecci tra gli individui. Essa è liquida come direbbe Bauman ed è dotata di una propria anima, con atmosfere a volte simili a quella del dipinto di George Grosz I funerali del poeta Oskar Panizza del 1917-18
I funerali del poeta Oskar Panizza - G. Grosz - 1917-18

Al poeta Panizza, ammiratore di E. A. Poe e a sua volta stimato da Benjamin, va il merito di aver anticipato la fine della modernità intesa come dominio dell'uomo sulla macchina e per estensione sulla città. Ecco allora che si percepisce il passaggio di quest'ultima da fondale a vera e propria protagonista. Come si è già accennato, gli strumenti più efficaci per documentare e cogliere il senso della città, sono osservatori privilegiati, i flâneur eterni fanciulli  interpreti adatti testimoniare le continue trasformazioni urbane.

Geografia della Narrazione.
Anche se esistono flâneur che non sono intellettuali e viceversa, spesso queste due figure coincidono. Tra gli scrittori contemporanei troviamo una tendenza a citare in modo preciso, geografico, i luoghi dove avvengono le storie dei loro romanzi.

I luoghi urbani sono stratificazioni di storia che si intrecciano con il quotidiano e spesso, questi luoghi hanno una imprevedibilità tale che chi li interpreta compie un atto di natura creativa, drammaturgico. Un modo per raccontare le città è quindi quello adottato dagli scrittori che, attraverso i racconti, narrano anche la geografia dei luoghi. Alcuni luoghi hanno una problematicità interpretativa notevole, si pensi a città storiche come Venezia che accolgono contemporaneamente turisti e abitanti autoctoni, tradizione storica e consumismo contemporaneo del turismo di massa. Il flâneur ambisce a vivere la città in condivisione con la cultura locale, dall'interno, per poter farne un'esperienza autentica e profonda.

Città e Provincia.
Storicamente la funzione del flâneur - cogliere le trasformazioni della città - nasce a Parigi. Parafrasando Baudelaire, si può dire che La modernità è la forma e Parigi è il contenuto.

Dai Tableaux parisiens di Baudelaire:
Parigi è un'altra, ma la mia malinconia
non cangia, e in ogni cosa - vecchi sobborghi o insigni
palazzi, pietre o travi - scopro un'allegoria;
e i miei cari ricordi pesan come macigni.
Lo sguardo sulla città può essere una visione dall'alto, cioè che tende ad individuarne i confini (con un tentato distacco), oppure frontale/stradale, rivolta a cogliere la trasformazione urbana ma anche, come dice Baudelaire, «il luogo in cui la morte arriva al galoppo da tutte le parti»; infine vi è una visione dal basso (Andrés Breton con Nadja racconta appunto i bassifondi).

Se però la città è il luogo per eccellenza abitato dal flâneur, se in passato le sue passeggiate avevano questa meta, non è raro oggi che egli si interessi anche della periferia, e della realtà di provincia. Le città mutano dinamicamente e ciclicamente, ed il flâneur si muove verso i confini e nei paesi abitati dai pendolari.

Due tra le molte esperienze di flânerie recenti sono le testimonianze di Pascale su Caserta (2001) e il reportage sui paesi dell'Irpinia di Arminio (2003). Il libro di Arminio racconta in particolare le trasformazioni subite in seguito al tragico terremoto del 1980.

Reggio Emilia - Luigi Ghirri - 1972 
Un altro esempio di flânerie rurale ci proviene dall'artista Luigi Ghirri con le sue immagini padane. Se il flâneur urbano coglie la continuità della città nel favorire la trasformazione, il poeta rurale testimonia una trasformazione silenziosa, a tratti più drammatica: lo scomparire lento della civiltà contadina e con essa le sue illusioni di naturalezza.

Viaggiatori e Stanziali.
Gli esempi di Arminio e Pascale ci riconducono ad un tipo di flâneurie domestica, d'altronde lo stesso Baudelaire, a parte un unico viaggio dall'esito per altro traumatico, rimase sempre a Parigi.

Possiamo osservare quindi che esistono flâneur stanziali, cioè che rimangono all'interno del proprio campo domestico, oppure che vivono in una stessa città per diversi anni come fece Paul Auster negli anni '70 quando soggiornò a Parigi. Questo tipo di flâneur spesso preferisce sistemazioni economiche, magari camere o case in affitto, poiché il budget è per la maggior parte limitato.

Altri flâneur invece si caratterizzano per un movimento continuo, come fece Goethe quando tra il 1786 e il 1788 visitò l'Italia. La sua meta furono città come Venezia, Roma e Napoli, per poi infine recarsi in Sicilia. Bisogna dire che gli interessi di Goethe erano principalmente indirizzati all'Italia quale «culla della cultura e dell'arte», non propriamente di natura sociale ed antropologica. Il grand tour (così veniva chiamato questo lungo viaggio conoscitivo compiuto dagli aristocratici dell'epoca) era un tipo di flâneurie affatto diversa da quella stanziale, e chi compiva questo percorso spesso lo faceva in modo economicamente agiato, alcuni viaggiavano persino con servitù appresso.

Altro caso di flâneurie itinerante è invece quello di Guido Piovene, lo scrittore italiano che tra il 1953 e il '56 su incarico Rai compì un viaggio in Italia che aveva lo scopo di documentare il nostro secondo dopoguerra. Questo tipo di itinerario, al contrario del grand tour ottocentesco, voleva stabilire un massimo contatto e un'integrazione profonda con le realtà sociali e umane al fine di fare un'esperienza che fosse il più autentico possibile. Stessa cosa per Guido Ceronetti, che dall'81 all'84 compie il suo itinerario in Italia, ampliandolo con alcuni viaggi vent'anni dopo, nel 2004. Ceronetti compie un viaggio quasi schizofrenico, prende appunti e annota citazioni con un ritmo che può sembrare nevrotico e che fa emergere la natura di un flâneur super-eroe che è alla ricerca della verità nascosta sotto l'ipocrisia del mondo contemporaneo.

Interstizi.
Gli interstizi sono quei luoghi opposti a quelli dedicati alla produzione e riproduzione (fabbrica, casa) vale a dire sono i luoghi del ricordo, del silenzio e del vagare. Essi sono le sale d'aspetto, i parcheggi, le stazioni, i cimiteri. Notiamo che i non-luoghi di cui parla Marc Augé sono tutti interstizi. Il flâneur abita anche questi posti, un'esempio è lo sguardo di Ferruccio Parazzoli, una raccolta di appunti dedicati alla metropolitana milanese del 2003. Ancora una volta, il compito del flâneur è quello di riflettere sull'identità delle persone che si trovano in questi luoghi e sulle loro fuggevoli vicende.

Dalle guide alle mappe.
Il rifiuto di seguire percorsi obbligati rispetto alle tipiche guide turistiche ha portato ad una escalation di lettori che a loro volta vogliono essere flâneur e sperimentare in prima persona viaggi e percorsi individuali all'interno delle città. Questo errare porta alla costruzione di mappe personalizzate, interessantissime da visionare. Un esempio è il testo Rovine e macerie. Il senso del tempo del 2004 di Marc Augé. In questo libro Augé racconta le sue passeggiate berlinesi alla ricerca dei resti del muro. Sebbene alcuni studiosi della postmodernità parlano di estinzione della figura del flâneur - e dicono ciò pensando al crescente utilizzo dell'automobile ed ai ritmi che spesso la società ci impone - la scomparsa di questa figura sembra essere tutt'altro che scontata. Già Benjamin ne parlava nel suo saggio del 1929,  Il ritorno del flâneur ed oggi assistiamo ad un ritorno del flâneur forse anche grazie all'utile compito narrativo che gli spetta nella società postmoderna.

Spiriti di servizio.
Le città, ce lo dice Jonathan Franzen nel suo Ventisettesima città del 2002, sono protagoniste e non sono dei semplici agglomerati di costruzioni. Esse sono anche e soprattutto dei tessuti impalpabili di avvenimenti. Quando i flâneur le descrivono, in realtà ne modificano la loro essenza costruendone l'immagine. Oscar Wilde diceva che Londra è diventata nebbiosa solo dopo che gli impressionisti l'hanno dipinta. Dickens e Balzac con i loro romanzi hanno sicuramente contribuito a conferire identità a Londra e Parigi. Sheffield, grazie al film Full Monty, da area industriale in crisi è diventata meta di viaggi. Tutto questo per evidenziare che il rapporto tra città e romanzo/racconto (o anche film e pittura) non è di semplice rappresentazione: il lavoro del flâneur influenza e modifica le città che sono oggetto della sua attenzione. Queste riflessioni sono poi rese disponibili e forniscono un approccio meno superficiale, strumenti utili anche per il sociologo e l'antropologo.

Rapporti di mercato.
Il flâneur è in rapporto con il mercato sia come osservatore che come consumatore attivo. Esistono infatti una serie di prodotti per lui pensati, computer portatili, sistemi di videoregistrazione, articoli per il viaggio. Alcune agenzie hanno addirittura proposto itinerari specifici, come le visite presso case private di artisti o intellettuali nelle metropoli europee. È chiaro che qui non si tratta di autentica flânerie, in quanto il flâneur ha bisogno di perdersi, esplorare le strade e poi da lì ritrovarsi. Dopo aver documentato le proprie esperienze sotto forma di appunti scritti, visivi e parlati, il flâneur spesso produce una raccolta organizzata delle sue esperienze, sotto forma di libri, docufilm o quant'altro. In questo modo si sottopone al giudizio dell'eventuale editore ed infine del consumatore finale. Vale a dire che si mette in rapporto con il mercato sotto un nuovo punto di vista, quello del creatore di contenuti.

Perdersi e ritrovarsi.
In una città popolata da abitanti e turismo di massa il flâneur si pone come terzo elemento, più desideroso di interagire con l'abitante autoctono, che con il turista verso il quale dimostra un certo snobismo. Egli però è anche narciso, quindi si vuole mescolare ma allo stesso tempo ci tiene ad essere riconosciuto. Nel suo desiderio di perdersi ricorda l'eroe mitologico che più gli somiglia, Ulisse, sempre in equilibrio precario tra istinto e ragione, tra curiosità e sobrietà.
Il flâneur vuole perdersi, fare esperienze al limite della sua incolumità ma contemporaneamente vuole essere osservatore di sé stesso e preservare un margine di controllo. Questo controllo gli permetterà di salvarsi anche se in alcuni casi ciò non è avvenuto. Un esempio passato è quello di Pier Paolo Pasolini, «un poeta alla ricerca dell'estasi che ha trovato la morte» [Giordana 1994].
Perdersi, ce lo mostra Paul Auster, significa anche mettersi alla mercé delle coincidenze, degli incontri fortuiti che lo scrittore americano considera principali responsabili dei cambiamenti della sorte.

Conflitti.
Le scienze sociali basate su dati statistici e campionamenti della popolazione non possono sostituirsi al tipo di indagine individuale e non metodologica portata avanti dalla flânerie. Attraverso il suo vagare, il flâneur si espone a due conflitti principali: uno verso gli abitanti indigeni e l'altro verso il turista di massa.
Siccome il flâneur è inserito in una realtà dalla quale può fuggire, egli e la sua disinibizione possono essere visti in cattiva luce dall'abitante locale che invece è legato al suo luogo anche oltre la sua volontà.
Il flâneur può però ripagare questa «intrusione» con la sua produzione artistica. Ad esempio, itinerari d'autore come la Milano di Buzzati, la Maremma di Cassola, la Firenze di Pratolini e la Trieste di Svevo, non possono che arricchire culturalmente le città che sono state oggetto di queste indagini.
Il secondo conflitto, tra flâneur e turista di massa, è dato dal fatto che il flâneur si considera emancipato dalla provincialità del turista, guidato da pacchetti preconfezionati in un ambiente sempre più stereotipizzato. Se da una parte lo snobba, dall'altra sarà il turista stesso, la massa, a decretare il successo o meno del prodotto artistico del flâneur che è in cerca di riconoscimento pubblico della sua capacità di riflessione e della sua sensibilità.


Persone, manufatti, natura.
I temi fonte di indagine del flâneur possono essere suddivisi in tre ambienti: umano, costruito e naturale.
L'ambiente umano è il mondo della persona. Un esempio evidente di questo tipo di flânerie ci è dato da Pier Paolo Pasolini, e dalle sue ricerche nel sotto proletariato romano. I suoi personaggi sono a loro volta degli erranti e inconsapevoli flâneur che si muovono e si perdono nella bolgia metropolitana.
L'ambiente costruito riguarda gli edifici, le strade e le architetture urbane. Lewis Mumford nel 2000 scrisse Passeggiate a New York, un trattato urbanistico e architettonico sulla società americana. Per Mumford, gli strumenti più efficaci del flâneur sono la pratica dello scrivere ed il camminare. A questo proposito segnaliamo l'esempio di Gillo Dorfles, che sul Corriere della sera propone la sua camminata a Milano, da Porta Venezia a Porta Cadorna. Esplorare la città a piedi offre il tempo necessario per assimilare, capire ed immergersi/perdersi nell'ambiente circostante.
Infine l'ambiente naturale è chiaramente ciò che la natura ci propone. Goethe nel suo viaggio in Italia, tra le altre mete, si è anche spinto fin sopra il Vesuvio, proprio sul cratere.
Per il flâneur queste tipologie di ambiente non rimangono isolate tra loro anzi spesso si fondono anche perché una delle caratteristiche del flâneur è appunto quella dell'errare e del perdersi senza meta per poi ritrovarsi.

Chicago e dintorni.
La scuola di Chicago è una delle massime espressioni della sociologia. Se da un lato sembra essere in contraddizione con la pratica della flâneurie, dall'altro ci sono delle similitudini. Se per un verso essa considera insufficiente alla comprensione completa dell'ambiente il lavoro seppure preziosissimo di romanzieri del calibro di Zola, dall'altro considera inevitabile l'osservazione dei fenomeni sociali all'interno del loro ambiente naturale, proprio come fanno i flâneur.
La scuola di Chicago è stata anche influenzata da una certa letteratura naturalistica, da scrittori come Upton Sinclair e Park, che parlerà della mentalità del vagabondo, una sorta di poeta viaggiatore di cui Walt Whitman è un esempio peculiare. Sue infatti sono le parole «che mai credete possa soddisfare l'anima, se non camminare libero e non riconoscere padrone?».
Questo vagabondare è però visto in modo meno romantico, data la sempre minore possibilità di perdersi. A tal proposito è utile notare che grazie ai waydesigners - coloro che si occupano delle insegne negli aeroporti, nelle stazioni eccetera -  oggigiorno smarrirsi è sempre più difficile. Se questi elementi da un lato ci donano sicurezza, dall'altro negano l'esperienza del viaggio inteso come frattura dalla routine quotidiana.
Un esempio che descrive il calarsi del flâneur nella realtà urbana è il già citato L'uomo della folla di Poe. Nuovamente troviamo il rapporto complicato di attrazione/repulsione che il flâneur ha nei confronti della folla, oggetto della sua indagine. Il soggetto di Poe è infatti un essere errante e frenetico che pur non essendo a proprio agio è costantemente attratto dall'ambiente caotico rappresentato dalla città e dai suoi abitanti.

Sguardi di parte.
L'interpretazione della realtà da parte del flâneur resta, per quanto accorta e profonda, una valutazione parziale della realtà. Si tratta di uno sguardo di parte principalmente perché i flâneur sono per la maggioranza uomini. Ciò ha le sue radici nel contesto storico: fino alla prima metà del XX secolo le donne si muovevano per la città con dei motivi concreti. Andare a fare la spesa, accompagnare figli erano e sono alcune delle ragioni per cui molte donne si muovevano e si muovono nella metropoli, mentre il flâneur, per essere tale, necessita di errare senza meta. Detto questo, bisogna però notare anche che la donna sola in città può acquisire la connotazione della tentazione e del peccato. Un esempio è dato dalle prostitute. La città, garantendo l'anonimato, favorisce lo svelamento, l'outing. 
Grazie all'emancipazione oggi vediamo invece un'inversione di tendenza e troviamo sempre più donne che ricoprono il ruolo di flâneuse. La presenza oggi della donna per le strade della città non è più sinonimo di connotazione negativa.
Il genere non è la sola origine di parzialità nello sguardo del flâneur. Molto spesso il flâneur è infatti di estrazione sociale medio alta, con una certa cultura e con i mezzi economici adeguati, per potersi permettere in modo continuativo il suo errare e vagabondare che porterà poi alla trasformazione della sua esperienza in un prodotto culturale. È vero però che esistono anche gruppi di persone meno agiate che rifiutano l'esperienza del turismo di massa e, nonostante i mezzi limitati riescono a vivere l'esperienza in modo autentico.
Infine non si può negare l'influenza che i media hanno sulla nostra percezione delle città. Per quanto uno ne possa essere consapevole, in parte si verrà inevitabilmente influenzati da luoghi comuni, descrizioni precedenti, immagini tipiche e ricorrenti.

Flânerie e ricerca sociale.
Parlando di flâneur, il risultato del suo operare si concretizza in fotografie, video, romanzi, diari, reportage giornalistici. Questi documenti potranno avere un certo grado di fiction, per questo lo scienziato sociale dovrà porre un filtro ex post, su questi materiali qualora desideri utilizzarli nelle sue ricerche. I rapporti di collaborazione tra scienze sociali e flâneur a volte sfociano nella flânerie su commissione. Ne è un esempio il caso di Eugenio Gazzola, critico d'arte e giornalista che venne incaricato di trascorrere del tempo a Monza e a Sesto San Giovanni per valutare la qualità della vita in questi luoghi. Il reportage scritto e fotografico che ne è scaturito ha dato informazioni nuove rispetto ai metodi di ricerca tradizionali. Sono emerse problematiche quali i bar affollati nella pausa lavoro di mezzogiorno, scenari desolati di fabbriche abbandonate, cascine agricole sopravvissute alla scomparsa del mondo agricolo.
In questi casi la flânerie non intende sostituirsi ai metodi di indagine tradizionale, piuttosto la si deve vedere come una preziosa integrazione di dati e punti di vista al lavoro già svolto dalle scienze sociali.
Inoltre, il dinamismo delle società attuali, la modernità liquida così come la descrive Bauman, rende i metodi di indagine tradizionali meno efficaci di quanto lo fossero in passato. Ecco che il vagare  errante del flâneur si offre come alternativa all'approccio analitico della scuola di Chicago.
Per Bauman esistono due tipi di verità, quella scientifica e quella artistica. Il rapporto tra narrativa e sociologia è un rapporto fatto di attrazioni e repulsioni. Se è vero che i sondaggi, i censimenti e i questionari offrono un metodo di indagine regolare ed affidabile, sappiamo però che per avere un quadro completo della situazione ciò non è sufficiente. Nell'epoca post moderna o surmoderna possiamo assistere a forme di flânerie avanzate, una di queste è la Public Art, intesa come arte al servizio del cittadino. Il ruolo della Public Art è quello di sensibilizzare e stimolare la percezione del cittadino.

Epilogo.
La città contemporanea cambia in continuazione, è frammentaria e rispecchia le contraddizioni dell'epoca attuale che sono: globalizzazione vs desiderio di appartenenza, razionalità vs istinto, stanzialità vs viaggio. La funzione del flâneur è quella di immergersi in queste realtà, venirne coinvolto quasi completamente, riservandosi una porticina di uscita che a volte però rimane chiusa.
Il rapporto tra città e narrazione è bidirezionale: la città, con il suo esistere, è materiale per le narrazioni, ma le narrazioni a loro volta modificano l'essenza della città.
Un esempio è dato dal dipinto di Renato Guttuso Vucciria, rappresentante il quartiere-mercato palermitano che un tempo era simbolo della città. Il dipinto, non solo descrive un'atmosfera, ma contribuisce a fissarne una raffigurazione nell'immaginario collettivo.
Solo recentemente il flâneur è stato legittimato nel ruolo di interprete della società. Detto questo il suo prodotto servirà da integrazione al lavoro del sociologo.
Osservare il flâneur d'altra parte è molto difficile in quanto egli è per natura fuggevole. Attraverso le sue opere sappiamo che spesso coincide con la figura dell'artista e che si tratta di uno sguardo prezioso su questo mondo che cambia.